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Nature Morte

Amo il rosso perché in esso è l’anima calda del poeta, la sensibilità squisita come il suo colore intenso. Dai diari dell’artista, 2 agosto 1925.

«Le nature morte, delicate, musicali, cariche talvolta di una struggente poesia testimoniano in Alfieri un’intimità con le sue immagini, uno scavare insistente le proprie occasioni visive, sino al punto in cui esse possono acquistare una vita autonoma e una capacità espansiva, ampia e fervida». Giorgio Kaisserlian, Alfieri, catalogo, Dante Bertieri, Milano 1959.

«... Alfieri negli anni cinquanta e sessanta prese a stendere, usando in più occasioni la spatola, spesse paste pittoriche sulla tela, facendo scaturire come per incanto dal magma materico epifanie di campi arati, frutta ed altri oggetti». G. Di Genova, Storia dell’Arte italiana del ’900, Generazione Primo Decennio, Bora, Bologna, 1997.

Io fui come un fiore strappato e non raccolto! Il suo bel colore rosso si è smunto, il suo fondo giallo decomposto, e fuso al verde ha prodotto quella patina cara ai Romantici, perché io in fondo in fondo, sono un antiromantico. Dai diari dell’artista, aprile 1932.

Fichi e pipa, 1930

Mandolino, 1931

Fiori, 1933

Natura morta col bricco, 1934

Frutta sparsa, 1940

Natura morta, 1942

Fiori, 1950

Cestino su nero, 1953

Natura morta con verza, 1953

Pollo, 1960

Anguria, 1960

Verza e finocchio, 1960

Finocchio, 1961

Porri e limoni, 1961

Verza, 1970

Aglio, 1970